Retecrazia? Ma mi faccia il piacere!

Posted on 7 ottobre 2011 di

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Immagino che molti di voi sapranno della vicenda Noncicledia vs Vasco Rossi ( per chi non ne sapesse nulla, qui c’è un riassunto della vicenda), peraltro terminata “a tarallucci e vino”: Vasco ha ritirato la querela e Nonciclopedia ha riaperto i battenti.

Non sono mai stato un  grande fan di Nonciclopedia, trovo che ci siano forme di umorismo e satira più intelligenti e dissacranti, ma  perlopiù per l’odio che covo nei confronti del rocker di Zocca, il quale ormai da un paio di mesi è presenza imperante sul web, mi sono iscritto alla pagina fan “salviamo Nonciclopedia”. Uno di quei piccoli, inutili, gesti che si fanno sovente su Facebook.

La questione si sarebbe anche potuta chiudere qui, se non fosse che il gestore della  pagina, una volta risolta la questione-Vasco, si è messo a lanciare (deliranti) appelli alla “retecrazia”. Ora, cito testuale:

La Rete ha il valore di popolo, in opposizione ai potenti.
Kratia, da kratos, da cui nasce il nostro crazia, indica la forza.
La Retecrazia è il nostro governo popolare.
Nell’Atene di Pericle fu sperimentata una forma di governo democratico che resterà un modello per la nostra tradizione politica e civile, e su questa base Aristotele, un secolo dopo, attuò la prima grande teorizzazione politica, distinguendo tra la monarchia – il governo di uno solo -, l’aristocrazia – il governo dei migliori, non necessariamente della nobiltà – e la democrazia, intesa come governo di tutti i cittadini.
Ora è l’Era delle Retecrazia.
Libertà, uguaglianza e fraternità, i principi posti alla base.
Diventiamo il primo paese Retecratico!
Il concetto è (vorrebbe essere?): “nella rete tutti siamo uno”, ergo la rete è democratica, ergo que viva la retecrazia!
Ma per l’amore del cielo, non raccontiamoci idiozie. Come spiegato da Wuming1, in questo post di qualche giorno fa
  Per colpa del net-feticismo, ogni giorno si pone l’accento solo sulle pratiche liberanti che agiscono la rete (…) descrivendole come la regola, e implicitamente si derubricano come eccezioni le pratiche assoggettanti: la rete usata per sfruttare e sottopagare il lavoro intellettuale; per controllare e imprigionare le persone (si veda quanto accaduto dopo i riots londinesi); per imporre nuovi idoli e feticci alimentando nuovi conformismi.
La rete, esattamente come il mercato, è una costruzione sociale  e come tale riflette le contraddizioni e i rapporti di forza insiti nella società.
Pensare che essa possa essere la soluzione, candidarla a Nobel per la pace, è dannoso, oltre che sbagliato. Cito ancora Wuming1:
La questione non è se la rete produca liberazione o assoggettamento: produce sempre, e sin dall’inizio, entrambe le cose. E’ la sua dialettica, un aspetto è sempre insieme all’altro.
Ora, qualcuno potrebbe dire: perchè tutto questo sproloquio per una semplice pagina facebook? Alla fine potrebbe trattarsi del solo gestore della pagina fan..
Bhe, quello che mi interessa sottolineare è che questo credo fideistico nelle potenzialità della rete mi sembra pervada, almeno in parte, il popolo grillino, o se non altro il suo leader e gli stretti collaboratori, cioè Casalegno&co. Basta guardare il video, riportato anche nel post di Wu Ming1.
Questo non significa che io neghi le potenzialità liberanti di cui sopra: è ormai quasi superfluo sottolineare il potenziale della rete in termini di circolazione di informazione, conoscenza, di campagne e di lotte politiche.
Ma certo non si può neanche chiudere gli occhi di fronte alle ambiguità e alle contraddizioni che ancora la pervadono.
Vincenzo Maccarrone